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mercoledì 29 settembre 2010

"Rigassificatore: alla fine... chi ci guadagna?" - SulaTestaNews Febbraio 2010

Continuiamo ad inserire anche in questo blog gli articoli di argomento socio-politico che sono stati pubblicati nei primi tre numeri del nostro periodico "SulaTestaNews", ricordandovi che a breve uscirà il prossimo numero.
Oggi vi riproponiamo l'indagine effettuata sul tema "Rigassificatore a Portorecanati" (realizzata intervistando esperti del settore energetico ed incontrando alcuni dei diretti interessati all'operazione) pubblicata sul numero di Febbraio 2010.
Buona lettura!


IL PROGETTO: una nave rigassificatrice, una condotta che la collega alla terraferma interrata per gli ultimi 10 km, una stazione a terra di regolazione e misura (REMI), un contratto della durata di 30 anni rinnovabile: è questo, in sintesi, ciò che prevede il progetto su cui ultimamente si sta molto dibattendo e contro il quale si sono mossi comitati ed esponenti politici. Ma vediamone insieme motivazioni e problematiche.

CHI LO VUOLE E A CHI REALMENTE PORTERA’ BENEFICIO?
Non esiste a livello nazionale una pianificazione energetica. A cominciare dalle direttive emanate dal parlamento europeo, passando per le delibere dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas, fino alle autorizzazioni e controlli locali dipendenti da Regioni, Province e Comuni, si ha un quadro normativo che interessa più livelli, con gerarchie che si intrecciano e si sovrappongono in maniera
caotica e spesso contraddittoria. In tal senso non è da sottovalutare la sempre più frequente tendenza degli amministratori locali a vincolare ogni scelta all’ottenimento di un maggior consenso elettorale, spesso sotto il “ricatto” dei movimenti locali.
Questo è un
tema che vede situazioni a macchia di leopardo, nel quale la mancanza di credibilità delle istituzioni e la mancanza di trasparenza e di gestione della comunicazione da parte delle imprese, costituiscono una carica esplosiva sulla quale si scaricano le frustrazioni, le ignoranze e le speculazioni locali” (Giuseppe Tomassetti - Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia).
In questo quadro si può constatare,
solo a posteriori, una politica energetica che vede nel gas naturale la fonte principale di approvvigionamento (vedi gra fico).
Attualmente in Italia il metano arriva tramite quattro gasdotti (Russia: 32%, Algeria: 31.8%, Nord Europa: 20.4%, Libia: 12.8%) e il rigassificatore di Panigaglia (Libia:2%). A questi si aggiungeranno a breve gli impianti Gnl di Porto Viro(RO) e Livorno e, nel 2013, il South Stream.
Inoltre, altri tredici progetti stanno percorrendo le fasi dell’iter autorizzativo, tra questi i terminal di Falconara e Porto Recanati. Ma nel caso in cui tutti i rigassificatori in progetto entrassero in funzione, non ci troveremmo forse di fronte ad un ingiustificato surplus di gas naturale? Leggendo il decreto 178/05 dell’Autorità per l’Energia ed il Gas, appare evidente l’intenzione di fare dell’Italia l’hub europeo del metano. In seguito alla crisi energetica del 2005/06, dovuta al taglio delle forniture dalla Russia, è responsabile puntare su una diversificazione delle fonti al fine di garantire l’energia necessaria se uno dei due maggiori fornitori venisse a mancare: in questa ottica, come confermato dal Prof. Polonara, direttore del Dip. di Energetica dell’Università di Ancona, 4-6 rigassificatori razionalmente distribuiti sul territorio nazionale, di cui non più di uno nelle Marche, sarebbero sufficienti a questo scopo. Quale dei due?
Nella prospettiva di concentrare e, in qualche modo, minimizzare l’impatto è preferibile il progetto previsto a Falconara. Ma fino a che punto possiamo chiedere a questi cittadini di farsi carico di un ulteriore impianto?” Il Prof. Polonara fa inoltre un quadro ben preciso sul futuro energetico nazionale: la prospettiva di un ritorno al nucleare non potrà concretizzarsi prima di almeno venti anni, contribuendo ad un 15% ca. del fabbisogno nazionale e le energie rinnovabili, investendo massicciamente fin da subito, coprirebbero una quota consistente delle necessità energetiche tra più di cinquant’anni. Fino ad allora saranno le fonti fossili a colmare il gap. D’altro canto nelle Marche il piano energetico (PEAR) individua tre priorità: risparmio ed efficienza energetica, energie rinnovabili, generazione distribuita e cogenerazione. Non c’è traccia dunque dei rigassi ficatori contenuti invece nel testo del programma dell’attuale amministrazione regionale.
Sono angosciato dal no a tutto, si deve distinguere da strutture veramente impattanti e non. Il pericolo è che lo Stato alla fine ci tolga il potere e decida su tutto!”. È con queste parole che il Professore mette in guardia dai possibili e ffetti di uno scenario cosi contraddittorio.

Dato per certo che ogni installazione energetica ha il suo impatto, mettiamo in evidenza quali sono le criticità del progetto a largo delle coste porto recanatesi: il rigassificatore è soggetto alle direttive della legge SEVESO ed è quindi un impianto a rischio di incidente rilevante. Il potenziale energetico del Gnl contenuto nei serbatoi è dell’ordine di 50 bombe atomiche, anche se l’ipotesi che tale potenziale venga sprigionato ha una probabilità molto bassa. Per questo, nonostante il rischio non sia nullo, lo studio sulla sicurezza fatto dalla Gaz de France prende in considerazione uno scenario “credibile”.
A seconda della quantità di Gnl sversata dagli impianti off shore, studi diversi fatti in passato hanno individuato distanze di sicurezza dalla costa che variano l’una dall’altra per decine e decine di km, evidenziando le di fficoltà di previsione e quindi di gestione di un'eventuale fuoriuscita di gas liquido.
Non si possono poi trascurare gli e ffetti sull’ambiente circostante. L’impianto scarica in mare 40 tonnellate di ipoclorito di sodio (varichina) all’anno, impiegato per la disinfezione dell’acqua di mare utilizzata nei processi di rigassifi cazione. Troppo spesso si è omesso di dire che, come ben sanno gli esperti del settore, questa sostanza è contenuta anche nell’acqua e ffluente dai depuratori in una quantità stimabile in circa 1000 tonnellate all’anno nei soli impianti di depurazione costieri marchigiani. Se è obbligo di legge per l’amministrazione e la società proponente il progetto mettere al corrente in tutte le fasi la cittadinanza, è pur vero che chi si batte pubblicamente pro o contro le decisioni prese, sia tenuto a farlo con argomentazioni basate su informazioni complete e dettagliate.
Non meno importante è l’abbassamento della temperatura dell’acqua in uscita dall’impianto di circa 7° C che comporterebbe variazioni nell’habitat marino circostante, su cui grava anche l’impatto delle potenti pompe di aspirazione dell’acqua. A risentirne maggiormente sarà il settore ittico, con una prevedibile diminuzione del pescato; situazione aggravata a breve termine dalle operazioni di posa e interramento della tubazione nave-stazione REMI che andrebbero ad interessare la zona di ripopolamento ittico nei pressi di Numana. Non si può pensare che il turismo legato fortemente al paesaggio e ad un parco di rilevanza nazionale come quello del Conero, ne rimanga estraneo. Lo stesso turismo sul quale la Regione Marche ha investito ingenti risorse e che invece in questo modo risentirebbe degli e ffetti di una inevitabile caduta d’immagine.

A CHE PUNTO E' L'ITER AUTORIZZATIVO DELL'IMPIANTO DI PORTO RECANATI?

In risposta ad un’interrogazione di un consigliere regionale, la Giunta della Regione Marche ha ribadito la propria posizione favorevole alla realizzazione del progetto o ffshore di Gaz de France. Inoltre, durante il mese di novembre, il progetto ha incassato il parere favorevole della Conferenza dei Servizi in materia di VIA, il nullaosta di fattibilità (NOF) del Comitato Tecnico Regionale ed è ora allo studio del Ministero dell’Ambiente per la valutazione della VIA e la definizione del relativo decreto.

A questo punto vi chiederete: “qual è la vostra posizione?”. Il nostro scopo è informare ed informarci al fine di non ripetere gli errori del passato: l’ipotesi di fare dell’Italia l’hub metanifero dell’intera Europa, sulla scia di quanto avvenuto negli anni 60 per i prodotti petroliferi, è stimolante dal punto di vista economico, ma rischiosa. In quegli anni infatti l’Italia ambiva a diventare la ra ffineria d’Europa ed i calcoli errati di allora hanno lasciato in eredità, soprattutto al Sud, montagne di “ferri vecchi”. Oggi non possiamo correre un rischio analogo. Se l’orientamento delle scelte politiche nazionali è quello di fare del Belpaese la zona industriale dell’intera Europa, noi siamo assolutamente in disaccordo. Siamo inoltre convinti che una tale decisione debba essere presa coscientemente da tutta la cittadinanza del comune coinvolto, ma anche dall’intero territorio circostante sul quale graverebbe la presenza di quest’opera, auspicando che non siano gli interessi economici di pochi ad avere la meglio…

Lucia Cappelletti, Sergio Cappellacci

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